‘Se mi uccidono risusciterò nel mio popolo’. Il 24 marzo 1980 moriva martire Mons. Romero
Vinicio Russo 24.03.15 E’ stato monsignor Vincenzo Paglia, Postulatore della causa di beatificazione, a comunicare che il 23 maggio a San Salvador, Oscar Arnulfo Romero sarà innalzato agli onori degli altari. La cerimonia sarà presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della congregazione per le cause dei santi. Monsignor Paglia ha atteso di andare in Salvador per rendere nota la data. E lo ha fatto alla vigilia del martirio, avvenuto il 12 marzo 1977, del gesuita Rutilio Grande. “Fu un evento che segnò moltissimo monsignor Romero; quella fu la sua conversione pastorale. Romero amava già i poveri, ma la morte del gesuita, la notte della veglia, fu per Romero il momento in cui capì che la Chiesa era in prima linea accanto ai poveri. E che, dopo Rutilio Grande sarebbe toccato a lui dare la vita”. Monsignor Romero il 24 marzo 1980 fu ucciso a San Salvador mentre. Era sull’altare per la celebrazione della Messa. Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto riguardante il suo martirio in odio alla fede. Monsignor Romero è il simbolo dei sacerdoti che in America latina si opposero alle dittature. Nel 1977 fu nominato arcivescovo di San Salvador capitale di El Salvador, in America Centrale. Nel 1979 un colpo di stato portò a un regime militare repressivo e sanguinario, di cui l’arcivescovo divenne uno dei principali oppositori, per difendere il suo popolo. Nelle omelie domenicali leggeva le liste degli scomparsi (desaparecidos) e degli oppositori politici assassinati. Venne ribattezzato “la voce dei senza voce”. Fu ucciso perché aveva detto a tutte le autorità e ai militari di non uccidere più; ucciso perché con il suo corpo (corpo di vescovo fatto popolo, cioè Chiesa) voleva fare da scudo ai poveri non ancora uccisi. Ha combattuto quel potere che, dopo la sua uccisione, ha continuato ad ostacolare la causa di canonizzazione. Ma dal suo popolo, dai poveri, monsignor Romero è stato riconosciuto subito santo. “Se mi uccidono resusciterò nel mio popolo”. Pur essendo arcivescovo della Capitale, quindi primate della Chiesa salvadoregna, preferì abitare non nella residenza episcopale ma nella casa del portiere di un ospedaletto. Monsignor Romero ha messo in pratica le beatitudini evangeliche. Ha perseguito la giustizia, la riconciliazione e la pace sociale. Ha amato una Chiesa povera per i poveri, viveva con loro, pativa con loro. Ha servito Cristo nella gente del suo popolo. “E’ il primo grande testimone della Chiesa del Concilio Vaticano II”. Monsignor Romero non si sentiva un eroe, aveva paura di una morte violenta proprio come Gesù nell’orto degli ulivi. Non scelse il martirio ma la fedeltà al Vangelo. Il suo esempio parla a tutti; occorre vivere il suo messaggio ogni giorno. “Tutti dobbiamo essere disposti a morire per la nostra fede, anche se il Signore non ci concede questo onore” (Papa Francesco).
Vinicio Russo
Consigliere regionale Delegato Gpsc
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