Beatificati lo scorso 5 novembre i martiri della persecuzione comunista d’Albania
fr. Massimo Tatullo 09.11.16 Cinquant’anni di persecuzione hanno colorato di sangue la storia della Chiesa cattolica in Albania. L’ideologia atea ha qui generato una cultura cieca che ha calpestato la dignità stessa della persona umana. L’illusione di creare un “uomo nuovo” senza Dio, né fede, ha spinto la società albanese in una sorta di girone dantesco dove alienazione, smarrimento e crudeltà hanno scavato solchi di dolore, rancore e odio. “Ciò che è successo in Albania – ha proclamato san Giovanni Paolo II nella sua visita nel 1993 – non ha riscontro altrove. L’Albania è sprofondata in un abisso da cui non ha potuto uscire che per un vero miracolo”. Ancora oggi. a ventisei anni dalla caduta del regime dittatoriale, l’intero Paese stenta a riprendersi con le conseguenze a tutti tristemente note. Eppure in tanta oscurità la grazia del Signore non ha fatto mancare il suo aiuto: molteplici sono le testimonianze di fedeltà e coraggio con cui i credenti hanno percorso il loro Calvario. Dei 156 sacerdoti e religiosi di cui contava l’Albania 65 sono stati uccisi tramite esecuzioni o sotto tortura con metodi atroci come: corrente elettrica, crocifissione, sepolti vivi, annegati, sospesi senza toccare terra, aghi infilzati sotto le unghie, ecc. Le molte testimonianze dicono l’incredibile fantasia messa in atto dai carnefici del regimi e della polizia segreta “Sigurimi”.
64 sacerdoti e religiosi sono morti di stenti o a seguito dei terribili campi di prigionia: ben 129 dunque su 156 Un prezzo altissimo, dove l’ampiezza della cifra può forse dare l’idea della feroce determinazione e della “pulizia etnica” addotta per il clero cattolico. Di quella manciata di sacerdoti pochi sono sopravvissuti al regime: mons. Zef Simoni, don Luigi Kqira, don Ndoc Nogaj, don Gjergj Simoni, don Ernest Simoni – Troshani, don Simon Jubani e don Njac Dema Quasi tutti sono già deceduti. Rimangono vivi il neo cardinale don Ernest Troshani e don Gjergj Simoni, entrambi provati dall’età e dagli acciacchi ma che tengono viva nella memoria il ricordo degli anni di prigionia, delle torture e dei maltrattamenti subiti che hanno minato la loro salute. Eppure, nel limite delle possibilità, continuano ad offrirsi nel ministero.
Il 4 novembre del 1990 nel cimitero cattolico Rramaj di Scutari appena caduto il regime don Simon Jubani con estremo coraggio celebrò la prima s. Messa con la presenza di un grande numero di fedeli. Proprio in riferimento a quella data il 5 novembre 2016 a Scutari nella Cattedrale il Card. Angelo Amato ha proclamato Beati 38 martiri della persecuzione comunista d’Albania che da quel giorno potranno essere ricordati nella liturgia ogni 5 novembre.
La lista con a capo Mons. Vincenc Prennushi, allora vescovo di Durazzo comprende due vescovi, ventuno sacerdoti diocesani, sette frati minori, tre gesuiti, quattro laici fra cui una aspirante suora stimmatina, un giovane laico ed un seminarista. Tutti trucidati fra il 1945 ed il 1974. Tutti loro sono stati uccisi in odium fidei provato dalle testimonianze anche documentali di processi sommari e a volte assurdi. La Madonna di Scutari, patrona dell’Albania, a tutti nota come Madre del buon consiglio di Genazzano non ha mancato anche in questo oscuro periodo dell’Albania a donare a tutti noi ed in particolare al popolo di Albania il segno della vittoria sulle potenze del male mettendo fine alle tenebre e dando a noi tutti la luce che splende sul sangue dei martiri.
fr. Massimo Tatullo Ofm cap
Presidente di turno della C.A.S.
.