Sentire il bisogno del monte Tabor, l’esperienza degli esercizi spirituali di una terziaria

Imma Perrino 08.9.18  L’episodio della Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor è quello che più di ogni altro mi sembra possa spiegare lo spirito che ha mosso alla partecipazione di fratelli e sorelle di tutta la nostra grande regione alla tre giorni organizzata dal Consiglio regionale dedicata al tema della santità e sintetizzata dal titolo dell’ultima esortazione apostolica di papa Francesco, Gaudete et exultate.

Dal 31 agosto al 2 settembre, infatti, presso il convento Madonna dell’isola in Conversano, si sono tenuti gli “esercizi spirituali” della fraternità regionale, guidata da padre Antonio Cofano Ofm e padre Gianpiero Ritrovato Ofm Capp, assistenti spirituali e rispettivamente presidente Cas uscente ed entrante. A voler essere pignoli non possiamo parlare proprio di esercizi spirituali, vuoi per la durata, vuoi per il modo in cui si sono svolti. La Ministra regionale, Mariella Minervini, introducendoci alle giornate, ha, infatti, parlato di esperienza spirituale nata dal bisogno di ricaricarci prima dell’avvio ufficiale delle attività delle fraternità locali e regionale. Una pausa, dunque, in cui cercare spazi più profondi di preghiera e relazione personale con il Signore, senza trascurare quello che è proprio della nostra vocazione, lo stare in fraternità.

Padre Antonio in ognuna delle tre giornate ha proposto una riflessione, mostrando con esempi semplici e con il brio che lo contraddistingue come la santità, quella prospettata dal Maestro nelle Beatitudini, non sia cosa così lontana e possibile per pochi eletti. Indubbiamente si tratta di una strada non semplice, che implica fatica, tenacia e fede in Colui che solo è santo e che, entrando totalmente nella nostra vita, la illumina, le dà senso, la santifica. In una sua omelia sulle Beatitudini, nel 1966, papa Paolo VI ricordava come rinnovare le promesse battesimali non sia un atto da pigri o da vili e che ogni giorno è richiesta una scelta che, aggiungiamo noi, in un mondo così orientato all’edonismo, all’uso e consumo anche delle persone, ha i connotati di una battaglia quotidiana. La tiepidezza è il peggior nemico della santità. Ed allora le nostre fraternità possono essere focolari in cui il fuoco viene sempre tenuto acceso dalla preghiera, dall’amore vicendevole, dal servizio ad intra e ad extra.

Tutti abbiamo avuto ed abbiamo fratelli santi, innanzitutto perché innamorati, anche dopo tanti anni, della propria vocazione francescana. Tali fratelli non fanno nulla di eclatante, vivono diversamente dal mondo il loro essere padri, madri, fratelli, lavoratori, spesso a costo di essere come pecore tra lupi.  Di questi fratelli si è molto parlato con affetto e “santa invidia”.

Molto intensi i momenti di preghiera comunitaria, l’adorazione eucaristica del venerdì e la preghiera mariana del sabato, fondamentale lo spazio dedicato al deserto, in cui ciascuno si è messo cuore a cuore con il Signore.

Sono qui, conosco il tuo cuore, con acqua viva ti disseterò, sono io, cerco te… sono le parole di un noto canto di adorazione che, mi hanno guidata nel mio deserto e che, a distanza di qualche giorno, continuano a risuonare nel mio cuore e mi fanno sentire nostalgia di quei momenti che ho voluto ritagliarmi, come i fratelli e le sorelle. Al di là di ogni parola udita o detta porto come ricchezza il silenzio orante ed il senso di condivisione. Mi porto dietro parimenti la confusione che sappiamo creare anche nei momenti di preghiera.

Grazie a Mariella, a Raffaele, a padre Antonio, a padre Gianpiero, al Consiglio regionale tutto per essersi donato a tutti, grazie a don Michele, bellissimo esempio di assistente spirituale, che ha condiviso con umiltà questa esperienza con noi laici. Grazie al Signore che riesce a trovare, per parlarci, spazi impensati ed insperati.

Scendiamo dal Tabor con gli stessi sentimenti degli apostoli che avrebbero voluto fare tre tende e contemplare il volto sfavillante di Gesù.

Imma Perrino

Fraternità di Bari/S. Fara

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