La purezza del cuore per essere liberi di amare, il 3° incontro di formazione con Sr. Ludovica Loconte osc

Vincenzo Bini 04.6.20  “Tempo di Coronavirus, tempo di prova, che noi cristiani sappiamo come trasformare in un ‘bene possibile’, alla riscoperta della semplicità, dell’incoraggiamento fraterno; un tempo Pasquale in cui ci scopriamo capaci di cose che nemmeno immaginavamo di poter fare. Un tempo benedetto!”. Con questo messaggio di speranza, suor Ludovica Loconte ci introduce al terzo ed ultimo passo formativo, un “incontro virtuale” dedicato alla castità che, assieme alla povertà e all’obbedienza, siamo stati chiamati a professare, ciascuno nella propria condizione.

“Testimoni dei beni futuri e impegnati nella vocazione abbracciata all’acquisto della purità di cuore, si renderanno così liberi all’amore di Dio e dei fratelli”. Così recita l’art. 12 della Regola OFS, che suor Ludovica cerca meglio di spiegarci analizzandolo punto per punto.

Testimoni dei beni futuri: testimone è colui che ha visto, che ha conosciuto, che ha fatto esperienza di quello che annuncia. I “beni futuri”, invece, sono la realtà più bella e vera della nostra vita di cristiani, protesa verso un tempo più grande, eterno. Francesco d’Assisi nell’Ammonizione XVI ci dice: “Veramente puri di cuore sono coloro che disdegnano le cose terrene e cercano le cose celesti, e non cessano mai di adorare e vedere il Signore Dio, vivo e vero, con cuore ed animo puro “. Parleremo di castità con la definizione di Francesco di “purità di cuore”, una relazione con Dio che unifica corpo, mente e anima. Come Maria, la “tota pulchra”, con la sua corporeità ricettiva e libera nel passaggio della vita, casa accogliente, ospitale. Così può essere anche la nostra corporeità: un rifugio per gli altri, pronta ad andare incontro piuttosto che a ricevere. C’è un mondo dentro di noi che vive oltre noi stessi. La fede è alla base dell’amore; un dono indispensabile, tutto da scoprire… e da costruire! La croce è la vita nuova da cui rinascere, avendo fede nell’altro per permettergli di amarci; non una fiducia “misurata”, precaria, ma corroborata dalla fede! Il corpo ci chiede affetto, amore, ma non sappiamo come si fa.

Impegnati nella vocazione abbracciata, quella francescana appunto. Francesco, nella Lettera ai fedeli, la racconta così: “Tutti coloro che amano il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima e la mente, con tutta la forza e amano i loro prossimi come se stessi […] riposerà su essi lo Spirito del Signore e farà presso di loro la sua abitazione e dimora”. Una totalità di dedizione che ci unifica, senza dispersione di visioni, senza pressioni, in un mondo che fa fatica a riposarsi. Così, tutti quelli che amano il Signore ed il prossimo come se stessi, diventano sposi, fratelli e madri, attraverso “le opere sante che devono risplendere agli altri in esempio”. Stiamo vivendo un tempo di purificazione, perché questo mondo possa essere ricoperto di bene, di speranza e di pace nuova. L’amore ci fa sentire vivi: Dio è amore e amando Dio si impara ad amare. Perché se Dio è il “mio tutto” il nostro cuore è sempre insaziabile? Forse perché, in fondo, non ci stiamo impegnando abbastanza nella nostra relazione con Dio e con gli altri: la sincerità dei sentimenti e dei desideri è sinonimo di “dono”. Io non sono solo la storia che ho vissuto, ma devo stare nell’oggi, senza accidia, proiettato al domani. Nessuno può rivendicare il possesso della vita altrui: la vita è del Creatore! Diventare uomini e donne libere è la fatica delle fatiche: la purezza del cuore è un percorso di “trasparenza”, è lasciarsi accogliere per quello che siamo, senza maschere, alla luce dell’amore di Dio, rinunciando alla tendenza di trattenere l’altro per sé. Non posso chiedere l’amore; l’amore è un dono!

All’acquisto della purità di cuore: nelle Ammonizioni Francesco ci ricorda che “al servo di Dio nessuna cosa deve dispiacere eccetto il peccato. E in qualunque modo una persona peccasse e, a motivo di tale peccato, il servo di Dio, non più guidato dalla carità, ne prendesse turbamento e ira, accumula per sé come un tesoro quella colpa”. Intraprendo cioè un’azione nuova, che mi rende amico del nemico, non interrompendo il “circolo della carità”. La solitudine è il luogo che mi prepara alla comunione, ma a volte ci rende tristi, insoddisfatti, arrabbiati. La purezza del cuore ha bisogno di momenti di una vita condivisa: nella compagnia dell’altro, nella gioia e nel dolore, la solitudine si umanizza e ci salva dalla presunzione di bastare a noi stessi.

Si renderanno così liberi all’amore di Dio: la libertà si coniuga benissimo con la parola povertà; donare e ricevere il dono che l’altro è per noi. Francesco ci raccomanda “la pazienza e l’umiltà”. “Sono veri pacifici coloro che in tutte le contrarietà che sopportano in questo mondo, per l’amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell’anima e nel corpo”. Quest’ultima è più difficile: spesso esprimiamo la parte maldestra di noi, ma dobbiamo vivere questa frustrazione nella speranza che la prossima volta sapremo fare meglio. L’uomo libero è quello capace di fare pace con la parte meno bella di sé, centrando lo sguardo sull’altro. A tavola, per esempio, si impara il senso del limite e l’essere parte del tutto: siamo fratelli anche quando vorremmo essere “figli unici”. La libertà dell’amore di Dio: un’educazione affettiva che non è evitare la diversità dell’altro. La diversità è “sacramento della fede”: per incontrare Dio devo passare dall’altro.

Liberi all’amore dei fratelli: “Beato il servo che tanto è disposto ad amare il suo fratello quando è infermo, e perciò non può ricambiargli il servizio, quanto l’ama quando è sano, e può ricambiarglielo” (Am XXIV). Papa Francesco ci richiama alla fratellanza universale, alla gratuità dell’amore, al dono di sé, come in questo periodo così difficile della nostra storia. Nella debolezza sta la vera forza: è nella fragilità, nella vulnerabilità, che dobbiamo perdonare! Non evitare l’avversità dell’altro, un tema ricorrente nelle nostre fraternità: come esprimiamo le nostre diversità? Ricorriamo al soccorso dello Spirito, capace di mettere insieme diversità e unità? La famiglia e la fraternità sono piccoli laboratori in cui imparare ad essere ospitali, a fare spazio alla ragione dell’altro, ad incontrarsi meglio… per incontrare Dio! Attenti alla tentazione della seduzione, quando travestiamo di amore i nostri bisogni: non dimentichiamo che l’affettività è un terreno franco fra due persone che si vanno incontro senza confondersi, ma si incontrano intorno a un “Terzo”. L’amore è il grande motore della vita, ciò che rende puri i cuori. Fatica e meraviglia: non ci stancheremo mai dell’amore, nonostante i nostri pasticci.

La purezza del cuore smaschera i “secondi fini”, non ha paura di essere trasparente, ti dà gioia, ti rende umile. La purezza del cuore è una lettura dell’amore oltre la morte: l’amore non passa; va oltre le sofferenze, la nostalgia. Casto è chi non pretende “tutto e subito”, è colui che ama profondamente e coraggiosamente, è libero! In questo tempo di Coronavirus stiamo sperimentando i concetti di prossimità e distanza, di presenza e assenza, come nel Cantico dei Cantici: verità e vitalità dell’amore. Casto è colui che accoglie responsabilmente assenza e presenza, che non è possessivo, che libera la sua capacità di amare. Più divento carezza e abbraccio, più l’altro entra nella mia vita. Più rispetto e onoro il corpo dell’altro, più divento dono. La nostra sessualità è un mistero che ci tiene in vita e ci fa fare un’esperienza di estasi, anche spirituale. Un rapporto d’amore richiede tanta fiducia reciproca, quanto la nostra fede: fra me e te ci sia sempre il Terzo!

Siamo chiamati a edificare un “luogo affettivo” nelle nostre relazioni. La vocazione alla vita matrimoniale o consacrata è anche servizio, farci corrispondenza dell’amore di Dio che, attraverso di me, raggiunge anche l’altro; annunciare la gioia del Vangelo e la speranza della fede in famiglia come in fraternità. La purezza del cuore è un antidoto per i veleni che spesso intossicano i nostri cuori e le nostre menti. Io non posso prendere l’altro per me, ma devo esserne completamento, perché entrambi siamo di Dio, un’estasi di dono reciproco, una “mensa eucaristica”.

Ora che ci stiamo lentamente riappropriando delle nostra vita, sarebbe bello ricominciare con un modo nuovo di amarla, di riabbracciarla, secondo la nostra vocazione. Mentre noi stiamo male, la natura sta riprendendo vita, sta ritrovando la sua fecondità, la sua purezza. Forse questo mondo che abbiamo calpestato e oltraggiato può aiutarci a ritornare alla nostra vita con una maggiore purezza di cuore, di mente e di gesti.

“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”… nel fratello!

Vincenzo Bini

Fraternità di Giovinazzo

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