‘Consolati, tu non mi cercheresti se non mi avessi già trovato’. In ricordo di Genoveffa De Troia
Alberto Corrado 03.12.14 Da questa frase tratta dai Pensieri di Blaise Pascal (n. 553, Passione di Gesù) e nella prospettiva del tema proposto per l’Avvento: “Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa anche lui più uomo” (GS, 41), vogliamo, attraverso queste poche parole, riflettere sulla vita della nostra amata sorella in Francesco e Chiara, la venerabile Genoveffa De Troia, Terziaria francescana del secolo scorso, iscritta nella Fraternità Tof di Sant’Anna in Foggia nel 1931 e vissuta sotto la guida spirituale dell’indimenticabile fr. Angelico da Sarno Ofm Cap.
La sua biografia è ormai nota da tempo, come noto è il lungo percorso verso la tanto attesa proclamazione della sua beatificazione; ma è proprio questo tempo di avvento, di attesa, che ci spinge a pensare che il suo cammino, il cammino terreno di ciascuno di noi, comincia nel riconoscere ed accettare l’esistenza di una meta. Da tale riconoscimento la meta stessa diviene allora un traguardo già trovato, che già alberga nel nostro cuore: è lui, Cristo; occorre ora cercare la strada, il cammino, magari anche solo un percorso che sia il motivo vero, fondante di questa ricerca.
In lei si palesa inconfondibile una chiamata che, come a tante mistiche, è già scritta nella sua vita fin dall’inizio: sarà compagna di croce proprio dell’Uomo crocefisso; nella sua storia è chiara la strada da percorrere verso la meta: la malattia, una, terribile ed incurabile almeno per quei tempi, misteriosamente lunga; viene accettata malgrado i tentativi di richiesta e intercessione alla Vergine Maria perché la guarisca e così, per quanto possibile, poter essere d’aiuto soprattutto alla sua poverissima famiglia.
La malattia invece affonderà le sue radici nel suo gracile corpo ma non potrà e non sarà fine a se stessa ma diverrà strumento di salvezza per molti. Genoveffa sembra precorrere i tempi di quelle parole pronunciate dal Beato Paolo VI ai terziari francescani nell’Anno Santo del 1975: “Abbiamo in voi, carissimi Figli, un’altra fiducia: quella che voi sappiate amare, come S. Francesco, la Croce. La vostra spiritualità non può prescindere dalla «passione» che S. Francesco ebbe per la Passione di Cristo”. Ma non solo: in lei sembrano già su questa terra avverarsi quelle parole che santa Caterina da Genova applica alle sofferenze delle anime del Purgatorio: “I dolori sono così grandi che nessuna lingua può descriverli, e nessuno può capirne la dimensione”. Dice inoltre: “… Non credo che si possa trovare una soddisfazione che equivalga a quella delle anime del purgatorio, sia pure la felicità dei santi in cielo. La contentezza cresce ogni giorno, tanto più in quanto Dio penetra l’anima, ed Egli la penetra quanto più gli ostacoli che si contrappongono a Lui diminuiscono”.
Sarebbe naturale e quindi inevitabile, per ciascuno di noi, decidere, sotto l’impulso di questi dolori, di opporsi e protestare. Genoveffa non si oppone: accetta con amore e questo amore non si contrappone, appare come pura luce e porta una gioia perfetta; quest’amore la circonderà sempre.
La sua casa diverrà così un cenacolo di preghiera per tanti, di tutti i ceti, un luogo di apostolato a favore dei più poveri in uno dei quartieri più malfamati della città, un vaso di alabastro in cui si riverseranno le lacrime, i dolori fisici e spirituali di tante anime; digiunerà, lei così inferma, al solo pensiero di tante famiglie che in quei tempi soffrivano la fame. Le offerte che le giungeranno e che farà offrire per i più diseredati, le preghiere, frutto delle sue sofferenze, che s’innalzeranno ogni notte al suo Signore la renderanno così “più donna”, lei che ha seguito Cristo, uomo perfetto, ritrovandolo per sempre.
Alberto Corrado Ministro Fraternità Foggia/S. Anna.
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