Il discorso preparato per i Frati Minori e le Clarisse dal Santo Padre in visita a La Verna
Luigi Ianzano 30.05.12 Domenica scorsa 13 maggio, il Santo Padre Benedetto XVI, in visita ad Arezzo, aveva dovuto incontrare i Frati Minori e le Clarisse a La Verna, tappa poi annullata a causa del cattivo tempo. Vogliamo offrire qui il testo integrale del discorso che era stato preparato per l’occasione, per coglierne la ricchezza degli spunti di riflessione.
. Cari Frati Minori,care figlie della Santa Madre Chiara,
cari fratelli e sorelle: il Signore vi dia pace! . Contemplare la Croce di Cristo! Siamo saliti pellegrini presso il Sasso Spicco della Verna dove «due anni prima della sua morte» (Celano, Vita Prima, III, 94: FF, 484) san Francesco ebbe impresse nel suo corpo le piaghe della gloriosa passione di Cristo. Il suo cammino di discepolo lo aveva portato ad una unione così profonda con il Signore da condividerne anche i segni esteriori del supremo atto di amore della Croce. Un cammino iniziato a San Damiano davanti al Crocifisso contemplato con la mente e con il cuore. La continua meditazione della Croce, in questo luogo santo, è stata via di santificazione per tanti cristiani, che, durante otto secoli, si sono qui inginocchiati a pregare, nel silenzio e nel raccoglimento. . La Croce gloriosa di Cristo riassume le sofferenze del mondo, ma è soprattutto segno tangibile dell’amore, misura della bontà di Dio verso l’uomo. In questo luogo anche noi siamo chiamati a recuperare la dimensione soprannaturale della vita, a sollevare gli occhi da ciò che è contingente, per tornare ad affidarci completamente al Signore, con cuore libero e in perfetta letizia, contemplando il Crocifisso perché ci ferisca con il suo amore. .
«Altissimu, onnipotente, bon Signore, Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et omne benedictione» (Cantico di Frate Sole: FF, 263). Solo lasciandosi illuminare dalla luce dell’amore di Dio, l’uomo e la natura intera possono essere riscattati, la bellezza può finalmente riflettere lo splendore del volto di Cristo, come la luna riflette il sole. Sgorgando dalla Croce gloriosa, il Sangue del Crocifisso torna a vivificare le ossa inaridite dell’Adamo che è in noi, perché ciascuno ritrovi la gioia di incamminarsi verso la santità, di salire verso l’alto, verso Dio. Da questo luogo benedetto, mi unisco alla preghiera di tutti i francescani e le francescane della terra: «Noi ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo qui e in tutte le chiese che sono nel mondo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo». .
Rapiti dall’amore di Cristo! Non si sale a La Verna senza lasciarsi guidare dalla preghiera di san Francesco dell’absorbeat, che recita: «Rapisca, ti prego o Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore la mente mia da tutte le cose che sono stato il cielo, perché io muoia per amore dell’amor tuo, come tu ti sei degnato di morire per amore dell’amor mio» (Preghiera “absorbeat”, 1: FF, 277). La contemplazione del Crocifisso è opera della mente, ma non riesce a librarsi in alto senza il supporto, senza la forza dell’amore. In questo stesso luogo, Fra’ Bonaventura da Bagnoregio, insigne figlio di san Francesco, progettò il suo Itinerarium mentis in Deum indicandoci la via da percorrere per avviarsi verso le vette dove incontrare Dio. Questo grande Dottore della Chiesa ci comunica la sua stessa esperienza, invitandoci alla preghiera. Anzitutto la mente va rivolta alla Passione del Signore, perché è il sacrificio della Croce che cancella il nostro peccato, una mancanza che può essere colmata solo dall’amore di Dio: «Esorto il lettore – egli scrive -, prima di tutto al gemito della preghiera per il Cristo crocifisso, il cui sangue deterge le macchie delle nostre colpe» (Itinerarium mentis in Deum, Prol. 4). . Ma, per avere efficacia, la nostra orazione ha bisogno delle lacrime, cioè del coinvolgimento interiore, del nostro amore che risponda all’amore di Dio. Ed è poi necessaria quella admiratio, che san Bonaventura vede negli umili del Vangelo, capaci di stupore davanti all’opera salvifica di Cristo. Ed è proprio l’umiltà la porta di ogni virtù. Non è infatti con l’orgoglio intellettuale della ricerca chiusa in se stessa che è possibile raggiungere Dio, ma con l’umiltà, secondo una celebre espressione di san Bonaventura: «[l’uomo] non creda che gli basti la lettura senza l’unzione, la speculazione senza la devozione, la ricerca senza l’ammirazione, la considerazione senza l’esultanza, l’industria senza la pietà, la scienza senza la carità, l’intelligenza senza l’umiltà, lo studio senza la grazia divina, lo specchio senza la sapienza divinamente ispirata» (ibidem). .
La contemplazione del Crocifisso ha una straordinaria efficacia, perché ci fa passare dall’ordine delle cose pensate, all’esperienza vissuta; dalla salvezza sperata, alla patria beata. San Bonaventura afferma: «Colui che guarda attentamente [il Crocifisso] … compie con lui la pasqua, cioè il passaggio» (ibid., VII, 2). Questo è il cuore dell’esperienza della Verna, dell’esperienza che qui fece il Poverello di Assisi. In questo Sacro Monte, san Francesco vive in se stesso la profonda unità tra sequela, imitatio e conformatio Christi. E così dice anche a noi che non basta dichiararsi cristiani
per essere cristiani, e neppure cercare di compiere le opere del bene. Occorre conformarsi a Gesù, con un lento, progressivo impegno di trasformazione del proprio essere, a immagine del Signore, perché, per grazia divina, ogni membro del Corpo di Lui, che è la Chiesa, mostri la necessaria somiglianza con il Capo, Cristo Signore. E anche in questo cammino si parte – come ci insegnano i maestri medievali sulla scorta del grande Agostino – dalla conoscenza di se stessi, dall’umiltà di guardare con sincerità nell’intimo di sé. .
Portare l’amore di Cristo! Quanti pellegrini sono saliti e salgono su questo Sacro Monte a contemplare l’Amore di Dio crocifisso e lasciarsi rapire da Lui. Quanti pellegrini sono saliti alla ricerca di Dio, che è la vera ragione per cui la Chiesa esiste: fare da ponte tra Dio e l’uomo. E qui incontrano anche voi, figli e figlie di san Francesco. Ricordate sempre che la vita consacrata ha lo specifico compito di testimoniare, con la parola e con l’esempio di una vita secondo i consigli evangelici, l’affascinante storia d’amore tra Dio e l’umanità, che attraversa la storia. .
Il Medioevo francescano ha lasciato un segno indelebile in questa vostra Chiesa aretina. I ripetuti passaggi del Poverello d’Assisi e il suo indugiare nel vostro territorio sono un tesoro prezioso. Unica e fondamentale fu la vicenda della Verna, per la singolarità delle stimmate impresse nel
corpo del serafico Padre Francesco, ma anche la storia collettiva dei suoi frati e della vostra gente, che riscopre ancora, presso il Sasso Spicco, la centralità del Cristo nella vita del credente. Montauto di Anghiari, Le Celle di Cortona e l’Eremo di Montecasale, e quello di Cerbaiolo, ma anche altri luoghi minori del francescanesimo toscano, continuano a segnare l’identità delle Comunità aretina, cortonese e biturgense. .
Tante luci hanno illuminato queste terre, come santa Margherita da Cortona, figura poco nota di penitente francescana, capace di rivivere in se stessa con straordinaria vivacità il carisma del Poverello d’Assisi, unendo la contemplazione del Crocifisso con la carità verso gli ultimi. L’amore di Dio e del prossimo continua ad animare l’opera preziosa dei francescani nella vostra Comunità ecclesiale. La professione dei consigli evangelici è una via maestra per vivere la carità di Cristo. In questo luogo benedetto, chiedo al Signore che continui a mandare operai nella sua vigna e,
soprattutto ai giovani, rivolgo il pressante invito, perché chi è chiamato da Dio risponda con generosità e abbia il coraggio di donarsi nella vita consacrata e nel sacerdozio ministeriale. .
Mi sono fatto pellegrino alla Verna, come Successore di Pietro, e vorrei che ognuno di noi riascoltasse la domanda di Gesù a Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?… Pasci i miei agnelli » (Gv 21,15). E’ l’amore per Cristo alla base della vita del Pastore, come pure di quella del consacrato; un amore che non ha paura dell’impegno e della fatica. Portate questo amore all’uomo del nostro tempo, spesso chiuso nel proprio individualismo; siate segno dell’immensa misericordia di Dio. La pietà sacerdotale insegna ai sacerdoti a vivere ciò che si celebra, spezzare la
propria vita per chi incontriamo: nella condivisione del dolore, nell’attenzione ai problemi, nell’accompagnare il cammino di fede. .
Grazie al Ministro Generale José Carballo per le sue parole, all’intera Famiglia francescana e a tutti voi. Perseverate, come il vostro Santo Padre, nell’imitazione di Cristo, perché chi vi incontra incontri san Francesco e incontrando san Francesco incontri il Signore. . Benedetto XVI . Luigi Ianzano Consigliere regionale delegato per la Comunicazione
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